Local Anesthetic Systemic Toxicity
dal punto di vista clinico e medico legale

di Norberto Maccagno
(tratto da Odontoiatria33)
Una triste vicenda di cronaca riporta di attualità i rischi da anestesia locale, ne abbiamo parlato con il dott. Gianni Barbuti, segretario nazionale SIOF.
Un arresto cardiaco occorso durante l’estrazione di un dente del giudizio, tre giorni di coma e poi il tragico epilogo. Ha trovato molto spazio sui media la notizia della tragica morte di una ragazza di 23 anni che si era rivolta ad uno studio odontoiatrico di Bastia Umbra.
I fatti
Secondo la ricostruzione pubblicata da Perugia Today, “la giovane si era recata nello studio per curare una carie, ma una volta seduta sulla poltrona odontoiatrica si sarebbe deciso anche per l’estrazione del dente del giudizio. Durante l’intervento le sarebbero state somministrate sei fiale di anestetico, in due diversi momenti, a causa del dolore che la giovane continuava ad avvertire. Poco dopo l’ultima iniezione, alla ragazza era venuto un malore con perdita di conoscenza, convulsioni e vomito. I tentativi di rianimazione messi in atto dai dentisti e poi dal personale del 118 si erano rivelati vani: il cuore della giovane aveva ripreso a battere solo dopo un’ora, ma i danni cerebrali erano ormai irreversibili”.
“Il medico legale –si legge nell’articolo- ha evidenziato gravi criticità nella gestione del caso da parte dei professionisti: assenza di una cartella clinica, mancanza di consenso informato, assenza di radiografie preliminari, e soprattutto il mancato utilizzo del defibrillatore presente nello studio. Elementi che, secondo il medico legale, avrebbero potuto fare la differenza. Inoltre, non era stato raccomandato il digiuno prima dell’intervento, aumentando così il rischio di complicazioni in caso di malore”.
I possibili rischi nell’utilizzo di anestetici locali
“Con tutte le premesse del caso, trattandosi di una triste vicenda e non conoscendo nel dettaglio il caso ma solo quanto pubblicato dalla stampa”, dice ad Odontoiatria33 il dott. Gianni Barbuti, segretario nazionale della Società Italiana di Odontoiatria Forense (SIOF), “il decesso della giovane sembra riconducibile ad una rara reazione tossica alla somministrazione di anestetici locali. In odontoiatria –spiega- la tossicità da anestetici locali è eccezionale, ma bisogna conoscerla, perché la gestione rapida può essere salvavita”.
Gli anestetici locali in odontoiatria (ad es. lidocaina, mepivacaina, articaina, bupivacaina), ricorda il dott, Barbuti, agiscono bloccando la conduzione nervosa a livello periferico. Se la concentrazione sistemica supera una certa soglia, possono comparire effetti tossici, a carico del Sistema nervoso centrale (SNC) e cardiovascolare (CV). Questo quadro viene chiamato sindrome da tossicità sistemica da anestetici locali (LAST — Local Anesthetic Systemic Toxicity).
Le cause principali sono rappresentate dal sovradosaggio assoluto per eccessiva quantità di anestetico iniettato rispetto al peso del paziente; per iniezione intravascolare accidentale (per es. in un plesso venoso del cavo orale) o per assorbimento troppo rapido (soprattutto in sedi molto vascolarizzate, come la mucosa orale).
I segni e sintomi premonitori sono l’agitazione, i tremori, le parestesie, la visione offuscata e gli acufeni.“Tali segni e sintomi debbono essere noti all’odontoiatra per essere tempestivamente riconosciuti al fine di instaurare precocemente il corretto trattamento”, continua l’esperto. “La LAST se non trattata, evolve verso la depressione neurotossica con coma e convulsioni, nonché con gravi aritmie cardiache, fino all’arresto cardiocircolatorio”.
Come prevenire la sindrome da tossicità sistemica da anestetici locali
“La prevenzione della LAST –spiega il dott. Barbuti- si basa sulla oculata e prudenziale condotta ben codificata in medicina ed odontoiatria, con l’aspirazione prima di iniettare (per ridurre rischio di accidentale somministrazione intravascolare), con l’uso della minima dose efficace, con il calcolo della dose massima in mg/kg, con la suddivisione dell’iniezione in più tempi, con l’uso di vasocostrittori (es. adrenalina) per rallentare l’assorbimento sistemico”.
Basilare la sorveglianza costante del paziente nei minuti successivi alla somministrazione al fine di cogliere eventuali segni di tossicità. Il trattamento della LAST consiste nella immediata sospensione di ogni ulteriore somministrazione di anestetico, supporto delle vie aeree e ossigenazione, somministrazione di benzodiazepine per controllare eventuali convulsioni.
“In caso di ingravescenza - sottolinea il dott. Barbuti - è necessaria la terapia con lipid emulsion therapy (Intralipid), ormai standard nei protocolli di LAST. In caso di arresto cardiaco esiziale il supporto avanzato in emergenza (ALS) con uso del defibrillatore che non deve mai mancare nello studio dentistico”.“L'evento LAST è davvero raro, quasi eccezionale in ambito odontoiatrico e di conseguenza i dentisti non sono preparati ad affrontarlo. Ecco perchè bisogna insistere sulla formazione”, dice il dott. Barbuti.
La questione dal punto di vista medico legale
Dal punto di vista giudiziario, sottolinea il Segretario SIOF, la vicenda, sempre stando alle informazioni di stampa, evidenza alcune negligenze dell’odontoiatra a cominciare dall’assenza della cartella clinica e del consenso informato. “Tali profili, se confermati, indubbiamente aggraverebbero la posizione degli indagati per un imprudente approccio (mancata assunzione di informazioni sullo stato di salute ed eventuali copatologie da dettagliare nella cartella clinica) e se confermata l’assenza del consenso, per un discostamento da obblighi di legge (lg 219/2017) e deontologici (art. 33 e 35 del Codice Deontologico), connotandosi in tal caso profili non solo di imperizia, ma anche di imprudenza e negligenza”, commenta il dott. Barbuti.
La mancanza della cartella clinica, spiega, costituisce profilo generico di negligenza ma non ha una effettiva rilevanza causale nel decesso. Per quanto riguarda l’assicurazione ricorda come questa non può rifiutarsi di garantire l'odontoiatra anche in caso di colpa per negligenza come derivante dalla mancanza della cartella clinica o del consenso informato. “La copertura del rischio è completa a meno che l'assicurazione non escluda esplicitamente (e alcuni contratti sono così) la responsabilità penale limitando la copertura al solo aspetto civilistico”.
Tornando alla vicenda giudiziaria a cui sarà sottoposto l’odontoiatra, il dott. Barbuti evidenza come “in ambito penale andrà dimostrata la correlazione causale di elevata probabilità prossima alla certezza fra una presunta condotta colposa e l’evento avverso - tragicamente mortale in questo caso specifico - escludendosi cause di decesso autonome non prevedibili o in ogni caso non prevenibili anche in caso di diversa condotta diagnostica e terapeutica”.
Ai sensi dell’art. 6 della legge 24/2017 (6 cosiddetta Gelli-Bianco), viene ricordato, “dovrà essere dimostrata una condotta colposa non limitata all’imperizia, ma connotata da imprudenza e negligenza nonché mancata adesione a linee guida/buone pratiche clinico-assistenziali”. “Appare dunque di rilevante - commenta il segretario SIOF - l’importanza che l’odontoiatra sia preparato ad affrontare anche eventi eccezionali come quello del caso di cronaca, preparazione che deve derivare sia dal corso di laurea che dal costante aggiornamento come previsto per legge. Deve attrezzarsi sia culturalmente che strumentalmente, dotando il proprio studio dei presidi salvavita come il defibrillatore”.
Tornando alla questione medico legale, il dott. Barbuti conclude sottolineando come “solo dimostrando diligente applicazione di linee guida e buone pratiche clinico-assistenziali potrà, per oggettiva estraneità causale della sua condotta, andare esente da responsabilità penale”.
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